Cosa ha cambiato il governo Meloni per i lavoratori?
di Marco Venturelli
Il 5 maggio 2023 è entrato in vigore il nuovo decreto legge del governo soprannominato Decreto Lavoro, il quale inserisce importanti e discusse novità all’interno del nostro ordinamento.
Questa manovra non è stata però accolta con grande entusiasmo: i sindacati hanno infatti indetto una serie di manifestazioni in piazza contro il decreto lavoro, a detta dei quali aumenterebbe la precarietà, soprattutto col ritorno dei voucher, addirittura arrivando, secondo il segretario generale della CGIL Maurizio Landini, a violare la Costituzione. Le manifestazioni sono state indette per il 6 maggio a Bologna, 13 maggio a Milano e 20 maggio a Napoli.
Analizzando il nuovo decreto legge, all’art.1 troviamo l’istituzione dell’Assegno di inclusione, definito “strumento di contrasto alla povertà, nonché di formazione, di lavoro e di politica attiva del lavoro”.
L’assegno di inclusione potrà essere richiesto dalle famiglie con un reddito fino a 9.360 euro e con a carico un minore, un disabile o un ultrasessantenne. Il beneficio sarà erogato dall’INPS, per un valore non inferiore a 480 euro mensili per 18 mesi, con possibilità di rinnovo per altri 12 mesi.
I nuclei familiari beneficiari dell’Assegno di inclusione, una volta sottoscritto il patto di attivazione digitale, sono tenuti ad aderire ad un percorso personalizzato di inclusione sociale o lavorativa. I componenti del nucleo familiare obbligati alla partecipazione al percorso personalizzato sono i maggiorenni che esercitano la responsabilità genitoriale, non già occupati e non frequentanti un regolare corso di studi e che non abbiano incarichi di cura.
Inoltre, i componenti del nucleo familiare sopra definiti, sono tenuti ad accettare offerte di lavoro a tempo indeterminato, oppure a tempo determinato se la distanza tra il domicilio ed il luogo di lavoro è pari o inferiore a 80 km. Se il contratto di lavoro ha una durata che va da 1 a 6 mesi, l’Assegno di inclusione è sospeso d’ufficio.
I beneficiari del reddito di cittadinanza o della pensione di cittadinanza beneficeranno ancora del suddetto sostegno fino alla sua naturale scadenza, o comunque non oltre il 31 dicembre 2023. In totale, per la manovra sull’Assegno di inclusione, sono stati stanziati 5,615 miliardi di euro, molto meno rispetto a quanto stanziato per il reddito di cittadinanza, che nel 2022 contava 8 miliardi di euro di investimento.
Il Capo II del decreto lavoro contiene invece delle misure di rafforzamento della sicurezza sul lavoro e di tutela contro gli infortuni, tra cui ad esempio l’istituzione di un fondo per i familiari degli studenti vittime di infortuni in occasione delle attività formative.
Al Capo III invece viene modificato il sistema dei voucher, che potranno essere erogati fino a 15.000 euro per coloro che lavorano nei settori dei congressi, delle fiere, degli eventi, degli stabilimenti termali e dei parchi divertimento. Inoltre, per questi stessi settori, il divieto di utilizzo del contratto di prestazione occasionale non vale per coloro che hanno alle proprie più di cinque lavoratori subordinati a tempo indeterminati, ma per coloro che ne hanno venticinque.
Infine, vengono ritoccati anche i fringe benefits, cioè i cosiddetti “benefici indiretti”. All’art. 40 (Misure fiscali per il welfare aziendale) prevede che per il solo anno 2023, il limite di esenzione generale viene innalzato a 3.000 euro annui per i beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti con figli a carico (compresi i figli nati fuori del matrimonio riconosciuti, i figli adottivi o affidati) e che entro tale limite rientrano anche le somme erogate o rimborsate ai lavoratori dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale. Il beneficio è limitato ai soli lavoratori dipendenti con figli a carico ed è subordinato che il lavoratore dipendente dichiari al proprio datore di lavoro di avervi diritto indicando il codice fiscale dei figli.
Infine, vengono variate le causali che possono essere inserite all’interno dei contratti a termine (o contratti a tempo determinato), anche per quanto riguarda rinnovi e proroghe, al fine di garantire un uso più flessibile di questa tipologia di contratti.
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