In che condizioni versano gli infermieri in Italia?
di Ilaria Morlando
Ogni anno, il 12 maggio, si celebra in tutto il mondo la Giornata Internazionale dell’Infermiere. Il 12 maggio 1820 nacque infatti Florence Nightingale, fondatrice dell’assistenza infermieristica moderna, così, a partire dal 1965, è stato stabilito che tale data debba essere consacrata all’importanza del lavoro degli infermieri e al ruolo determinante che essi hanno nella nostra società. Quest’anno la FNOPI, ossia la Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche, ha scelto come slogan della Giornata: “Il talento degli infermieri – Arte e Scienza in evoluzione” e le Capitali italiane della Cultura 2023, Bergamo e Brescia, in collaborazione con la Federazione stessa, hanno stilato per l’occasione un calendario di eventi che si estende dal 12 al 14 maggio.
Immediato è il ricordo di quanto queste città siano state colpite dalla crisi pandemica, pertanto le celebrazioni di quest’anno avranno un alto valore simbolico, nella memoria di un’emergenza che ha visto in prima linea proprio gli infermieri, insieme al resto del personale sanitario, senza i quali probabilmente non avremmo potuto dire, com’è accaduto proprio la settimana scorsa, che il covid non è più un’emergenza sanitaria internazionale. Grande è dunque il merito del personale sanitario, eroico è il suo lavoro, indispensabile è il suo impegno, ma tanto sforzo e tanta devozione sono ricambiati in termini di condizioni lavorative?
La carenza di personale
In Italia si registra un’alta carenza di medici e infermieri, secondo il diciottesimo Rapporto Crea nel nostro Paese mancano circa 30.000 medici e 250.000 infermieri rispetto agli altri Paesi Europei. Diverse sono le cause di questo gap: bassi salari, condizioni di lavoro stressanti che inducono i giovani ad orientarsi verso altre carriere, ma sono anche il numero di medici prossimi alla pensione, elevatissimo nel nostro sistema sanitario, e più in generale l’indice di vecchiaia del Paese ad incidere sul divario con le altre nazioni europee. Infatti assistere una popolazione più anziana significa fronteggiare una maggiore necessità di cure che si unisce all’aumento di patologie croniche registrato negli ultimi anni, anche in seguito alla pandemia di Covid.
La Fuga all’estero
Ad aggravare la carenza di personale si aggiunge anche la tendenza di molti medici ed infermieri formatisi in Italia ad andare a lavorare all’estero. La ragione risiede ovviamente nelle basse retribuzioni percepite dagli operatori sanitari nel nostro Paese: si pensi che in Paesi come il Belgio o il Lussemburgo un infermiere potrebbe guadagnare anche più del doppio dello stipendio che gli sarebbe corrisposto in Italia. Nonostante questo sembra che le destinazioni più gettonate degli ultimi anni siano Regno Unito, Svizzera e Germania, dove comunque è possibile riscuotere un salario molto più alto rispetto a quello italiano.
Le aggressioni al personale sanitario
Negli ultimi anni sono tristemente aumentate le aggressioni agli operatori sanitari, i quali mentre svolgono il proprio lavoro si trovano sempre più spesso di fronte a minacce e violenze. Si stima che i più soggetti ad episodi di questo tipo siano gli infermieri piuttosto che i medici e che 7 casi su 10 riguardino le donne. Particolarmente allarmante è la situazione dei pronto soccorso che costituiscono lo scenario più frequente di questo genere di episodi, le cui cause sono prevalentemente individuate nel sovraffollamento del pronto soccorso stesso e nelle lunghe attese a cui i cittadini sono sottoposti. Tutto questo è sicuramente scoraggiante per i lavoratori del settore, i quali chiedono maggiore sicurezza. Per risolvere questo grave problema, in gran parte di matrice culturale, il ministero della Salute ha lanciato la campagna #laviolenzanoncura, si tratta di un’opera di sensibilizzazione volta a diffondere un semplice ma importantissimo messaggio: abbi cura di chi si prende cura di te.
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