I veti di Cina e Russia alle risoluzioni contro Al-Assad

di Francesca Daniele

Da ormai 12 anni, la Siria sembra essere finita in un vortice di violenza dal quale neanche la comunità internazionale riesce a tirarla fuori. Tutto ebbe inizio nel 2011, quando migliaia di siriani scesero in strada per ribellarsi contro il regime di Bashar Al-Assad, presidente che governa la Siria, ininterrottamente, dal 2000. Da quel momento ebbe inizio una guerra civile tra ribelli e sostenitori del governo, che oggi affligge 10 milioni di rifugiati e sfollati siriani che vivono in Siria, Libano, Giordania, Iraq ed Egitto. Il lato peggiore di tutta questa faccenda è che le cose possono andare ancora peggio: il conflitto, infatti, potrebbe facilmente allargarsi su scala regionale, causando una vera e propria crisi internazionale.


Data l’esistenza di una minaccia di tale portata, la domanda che ci si pone è: com’è possibile che l’Onu non abbia adottato delle risoluzioni per mettere fine alla crisi? In realtà, i dati dimostrano che nel corso degli anni le potenze occidentali del Consiglio di Sicurezza hanno approvato misure sanzionatorie, le quali sono sempre state ostacolate dal veto di Russia e Cina.


Il loro appoggio ad un regime dittatoriale è criticato dall’opinione pubblica e denunciato da Sherine Tadros, direttrice dell’ufficio di Amnesty international presso le Nazioni Unite: “Da sei anni la Russia, sostenuta dalla Cina, blocca le decisioni del Consiglio di sicurezza riguardanti il governo siriano. Questo atteggiamento impedisce la giustizia e rafforza la tendenza di tutte le parti coinvolte nel conflitto a ignorare il diritto internazionale. Il messaggio della comunità internazionale è che, quando si parla di Siria, non esiste alcuna linea rossa”.


Uno dei veti più recenti del blocco orientale riguarda la risoluzione del 2015, che avrebbe costituito un Meccanismo d’indagine volto ad accertare le responsabilità per l’uso e la produzione di armi chimiche da parte di tutti gli attori coinvolti nel conflitto in Siria. A tal proposito, l’accusa di Tadros fu molto forte: “Ponendo il veto alla risoluzione, Russia e Cina hanno mostrato un palese disprezzo per la vita di milioni di siriani. Entrambi i paesi fanno parte della Convenzione sulle armi chimiche e anche per questo non c’è alcuna scusa per il loro comportamento”.


Per quanto riguarda la Russia, i rapporti tra Putin e Assad si sono rafforzati definitivamente nel 2006, quando la Siria- isolata dall’Occidente- si rivolse alla Russia, che cancellò il 75 per cento dei debiti che Assad gli doveva, facendone un importante partner commerciale. Oggi, la Siria è un grande importatore di armi dalla Russia e quest’ultima possiede a Tartus la sua unica base navale con sbocco nel Mar Mediterraneo; una grande risorsa, soprattutto nell’attuale crisi russo-ucraina.


Dall’altro lato ritroviamo la relazione del Paese arabo con la Cina: anche se le importazioni sono minori, la Siria resta uno snodo commerciale fondamentale per la Cina in Medio Oriente; invece, dal punto di vista ideologico, Xi Jinping tiene al supporto di Bashar al Assad perché la Siria si è sempre espressa a favore della Repubblica Popolare cinese su questioni come il già citato Tibet, Taiwan e i diritti umani.


Secondo Tadros: “il Consiglio di sicurezza è diventato un luogo in cui fare sfoggio di posizioni politiche e il popolo siriano ne sta pagando il prezzo definito.”

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