Elezioni presidenziali in Turchia, un tornante della storia
di Gabriel Abbruzzese
Il 14 maggio gli occhi di tutta l’Europa saranno puntati sulla Turchia in vista delle prossime elezioni Presidenziali, considerate uno spartiacque della recente storia della Repubblica turca. Il responso delle urne, che risulta il più incerto degli ultimi 20 anni, vede il confronto tra Kemal Kilicdaroglu (leader del partito repubblicano) e l’attuale presidente Recep Tayyep Erdogan, al potere dal 2003.
Le elezioni si terranno in un contesto sociale abbastanza animato a causa del devastante terremoto di febbraio, e soprattutto, per via di una cattiva gestione economica e finanziaria, la posizione del presidente Erdogan sembra vacillare pericolosamente. Il momento delle votazioni sarà fondamentale anche per comprendere il futuro della Turchia nella NATO e la sua posizione internazionale con Stati Uniti, UE e Russia.
Per l’attuale presidente turco, una vittoria significherebbe la possibilità di proseguire una politica interna più autoritaria e conservatrice all’estero. Inoltre, la Turchia sarebbe sempre meno rispettosa dei diritti umani compromettendo l’ingresso nell’Unione Europea, che Erdogan vede più come un nemico che come un alleato internazionale.
Ciò che rende così instabile la posizione estera turca, è il rapporto molto personalistico che l’attuale Capo di Stato mantiene con Putin. Questa relazione infastidisce e non poco l’alleanza atlantica dato il veto posto dalla Turchia per l’adesione della Svezia nella NATO, il che continua a corrodere i rapporti tra la Repubblica di Ataturk e gli Stati Uniti.
Sul versante opposto, vi è la figura di Kemal Kilicdaroglu, soprannominato il Gandhi turco per i suoi metodi di resistenza non violenta verso il suo sfidante. La sua nomina è sostenuta dal Partito popolare repubblicano, di cui è leader, e la cosiddetta Tavola dei 6, ovvero una coalizione di sei partiti pronti a sostenerlo.
In caso di vittoria, Kilicdaroglu garantirebbe maggiori standard democratici, riprenderebbe la procedura d’ingresso della Turchia nell’Unione Europea e, soprattutto, andrebbe a ripristinare rapporti di fiducia con gli Stati Uniti già concedendo il proprio assenso all’entrata della Svezia nella NATO. Per quanto riguarda il rapporto con la Russia, Kilicdaroglu continuerebbe a mantenere un rapporto di mediazione con Putin, ma meno personalistico rispetto a quello di Erdogan.
Inoltre bisogna sottolineare come l’aspetto religioso può giocare un ruolo fondamentale in queste elezioni. Sta facendo molto scalpore un video sui social dove Kilicdaroglu afferma di essere un alevita, cioè una corrente dell’Islam di derivazione sciita perseguitata dai musulmani sunniti prevalenti in Turchia. Difatti, nonostante rappresentino il 20% della popolazione, gli aleviti sono una minoranza etnica che Erdogan ha sempre cercato di camuffare, ed il fatto che un personaggio politico ne parli così apertamente rappresenta la rottura di un tabù che potrebbe condurre Kilicdaroglu alla vittoria delle prossime elezioni.
