L’America Latina che ammazza i giornalisti: storia di Rafael Moreno

di Emilia Casella

È la sera del 16 ottobre 2022, tre colpi rimbombano nell’aria a Montelibano: a terra riversa il corpo senza vita di Rafael Moreno, giornalista colombiano. Direttore della testata Voces de Córdoba, era attivo nella zona del Córdoba, una delle regioni più violente dell’intera Colombia.

In generale con il suo modus operandi ambiva a mettere allo scoperto lo stretto legame tra politica e cartelli della droga, accusando molti clan politici di appropriazione indebita. Il meccanismo messo in moto era questo: i funzionari dividono parte dei fondi del comune con membri della criminalità organizzata e li usano per scopi personali, invece di costruire strade, ospedali e altre infrastrutture per la popolazione locale.

Già sotto scorta dal 2019, Rafael Moreno era ben conscio dei rischi che questo lavoro comportava. Infatti, nel corso del 2022 le minacce di morte si erano intensificate, lo scorso luglio aveva trovato una lettera minatoria e un proiettile vicino alla sua motocicletta. Inoltre, il giorno del delitto la sua sicurezza, seppur affidata all’UNP, agenzia con l’ordine di proteggere i giornalisti in Colombia, era carente.

Questo mestiere, tra l’altro, non era sufficiente a fargli guadagnare da vivere per cui aveva aperto nel 2022 un piccolo autolavaggio e il locale Rafo Parilla, fuori dal quale è stato ucciso. Eppure, nonostante questa situazione sfavorevole, continuava ad informare i 56mila iscritti che seguivano il suo profilo facebook, piattaforma che utilizzava per pubblicare quotidianamente foto e riprese incriminanti.

Era quindi pienamente consapevole che l’America Latina è uno dei posti più pericolosi per giornalisti e attivisti. E sapeva che spesso le storie di questi personaggi restano nascoste nell’ombra, coperte dal sangue. Per evitare questo fato, qualche settimana prima della sua uccisione aveva contattato Forbidden Stories, un’associazione che si occupa di continuare il lavoro svolto da giornalisti deceduti, prodigandosi di far parte del Safebox Network affinché i frutti dei suoi sforzi venissero condivisi al resto del mondo.
Grazie al team di trenta esperti giornalisti le ricerche dopo la sua morte sono proseguite e finalmente ne sono stati resi noti i risultati il 18 aprile 2023.

L’ultimissima indagine poneva sotto i riflettori i Calle, famiglia politica molto potente a livello locale, e le risorse illegalmente prelevate dal fiume Urè, zona protetta come Parco nazionale Paramillo. Bisogna notare che la Colombia rappresenta la seconda area con più biodiversità nel mondo. L’influenza del clan Calle è dimostrata anche dal ruolo avuto da un suo esponente, Gabriel Calle Aguas, come manager per la campagna elettorale 2022 dell’attuale Presidente della Colombia Gustavo Petro.

La lotta contro il clan dei Calle non è stata l’unica che il giornalista ha portato avanti, infatti in Córdoba ci sono numerose dinastie rivali che si contendono il potere. D’altronde è proprio in questo contesto che era nata la sua vocazione: in precedenza Rafael Moreno era stato il braccio destro di Esperito Duque, candidato alle elezioni come sindaco della città Puerto Libertador. Moreno si occupava delle comunicazioni e sperava di portare una ventata di legalità nell’ambiente fortemente corrotto dalla famiglia Carrascal. Dopo anni di sforzi, Duque divenne sindaco nel 2015 ma il giornalista si rende presto conto che l’influenza dei Carrascal e la corruzione sono ancora dilaganti.

Deluso e con le aspettative totalmente disattese, due anni dopo, nel 2017, Moreno decide di lasciare l’amministrazione, pronto a remare contro Duque. A riprova di ciò, negli ultimi mesi stava cercando informazioni sulle accuse che pongono il figlio di Esperito Duque come colpevole di aver abusato sessualmente almeno dieci donne, tra cui una minore. Ci sono innumerevoli possibili piste, infatti secondo il collega Yamir Pico, sono tante le persone che avrebbero voluto vederlo morto. Chiunque commettesse crimini diventava bersaglio della sua penna.

Tra queste, non è possibile ignorare le sue scoperte sul Caparrapos, famigerata organizzazione paramilitare attiva in Colombia. Nel 2019 era stato anche vittima di un rapimento da parte del Clan del Golfo, una delle gang più potenti dell’America Latina.

Oppure, un ulteriore movente può essere la sua inchiesta sulle miniere di nickel a San Josè de Urè vicino alla Cerro Matoso, una delle più vaste nel mondo intero. Anche grazie ai collaboratori della Forbbiden Stories, è stato provato che i gestori hanno completamente ignorato i protocolli di salute e, inquinando l’aria, hanno spinto molte donne della comunità afroamericana a sottoporsi a interventi di isterectomia. Sotto i riflettori anche Carbomas, un’azienda che Moreno accusò di star raccogliendo nickel senza i requisiti e permessi necessari.

A distanza di circa sei mesi non è ancora stato trovato un colpevole e sono troppe le persone ad aver beneficiato dalla sua morte. Il suo rigore e il coraggio però non possono essere dimenticati. È necessario che le parole da lui pronunciate, “Potete uccidermi ma non mi zittirete”, siano fino alla fine un triste quanto veritiero presagio di morte. La speranza non basta, c’è solo un dovere: diffondere il suo operato.

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