Perchè siamo tornati a parlare della strage di Erba?
di Matteo Lauro
Si prospetta una richiesta di revisione, da parte del magistrato della procura generale di Milano Cuno Tarfusser, sul noto processo di Erba, chiamato così a causa dell’omonimo comune in provincia di Como. Richiesta che ancora non è stata ufficialmente presentata, ma sono pronti fascicoli di 58 pagine racchiudenti tre moventi che hanno fatto storcere il naso al pg: le confessioni dei due coniugi, Olindo Romano e Rosa Bazzi (condannati all’ergastolo e che stanno scontando la pena da più di un decennio), la mancanza di idoneità nel riconoscere Olindo da parte di Mario Frigerio (sopravvissuto, deceduto solo nel 2014) e della traccia di sangue di Valeria Cherubini rilevata nell’auto di Olindo.
Le dichiarazioni, secondo il procuratore, avrebbero messo pressione eccessiva a marito e moglie e loro non sarebbero stati in grado di rispondere al meglio, essendo tra l’altro analfabeti. Di Frigerio invece sostiene la sua incertezza di riconoscenza dell’assassino e crede che la ferita procuratagli dal colpevole abbia offuscato i suoi ricordi.
Per quanto riguarda la macchia di sangue egli si scaglia contro la corte per non aver mai messo in dubbio la provenienza della macchia; continua dicendo che, la sera del delitto, il carabiniere incaricato a perquisire l’automobile di Olindo non avrebbe indossato le coperture adeguate ai controlli e quindi la traccia potrebbe essere stata contaminata. Si attendono sviluppi sulla richiesta di revisione riguardante la sua approvazione e attendibilità.
Facciamo uno step back, dove tutto accadde: vengono allarmati i vicini di casa a causa di fiamme e fumi conseguenti all’incendio e, tra essi, spunta un pompiere che si incarica di risolvere la situazione, per quanto possa. Riesce a salvare Mario Frigerio, con un’evidente ferita sulla zona della carotide, ma ancora vivo; in seguito intravede un altro corpo, quello di Raffaella Castagna e, insieme agli altri soccorritori, lo portano sul pianerottolo dell’abitazione.
Con l’arrivo dei pompieri si viene a conoscenza di altri 3 corpi, tutti senza vita, rispettivamente di Paola Galli (madre di Raffaella), di Youssef Marzouk (bimbo di soli due anni e figlio di Raffaella) e di Valeria Cherubini (moglie di Mario e vicina di casa). Ognuna delle vittime non è deceduta a causa del fumo o delle fiamme, perché presentavano segni evidenti di sprangate e accoltellamenti. Successivamente i colpevoli hanno appiccato un incendio per cancellare le prove.
L’unico sopravvissuto, Mario, accusa subito Olindo come colpevole e la moglie come garante. I due appaiono subito estranei ai fatti e cercano di giustificarsi in ogni modo, cosa che destò sospetti immediati. La prova che inchioda i due coniugi sarebbe una macchia di sangue, vengono così arrestati e condannati all’ergastolo. Tutt’ora sono in carcere e scontano la loro pena.
Le dichiarazioni del mese scorso del marito di Raffella e padre del piccolo Youssef, Azouz (che era in Tunisia durante l’accaduto), in cui scagiona la coppia e accusa invece i familiari della sua defunta moglie -affermazioni effettuate svariate volte durante il corso degli anni- ha suscitato nuovamente interesse verso il caso. E data la richiesta del procuratore generale sulla veridicità degli eventi ritornano i dubbi e punti interrogativi: si avrà mai una conclusione a riguardo?
