A cosa sono dovuti gli scontri in Sudan?
di Gabriel Abbruzzese
L’ombra della guerra civile si prospetta minacciosa in Sudan dove da sabato mattina sono in corso violenti scontri tra le forze armate del generale Abdel-Fattah Al-Burhan, capo del Consiglio sovrano che guida il Paese, e paramilitari delle Forze di sostegno rapido (Rsf) guidate da Mohamed Hamdan Dagalo, detto Hemedti. L’attrito tra i due generali sarebbe sfociato a causa di una divergenza in merito all’inclusione delle Rsf nell’esercito regolare sudanese, fondamentale per Hemedti affinché possa realizzarsi la transizione democratica. Però, Al-Burhan accetterebbe un’integrazione dei paramilitari solo a determinate condizioni limitando il ruolo delle Rsf nella gestione dello Stato.
Tale nodo legato alle forze armate è di importanza fondamentale, in quanto in Sudan l’esercito ha sempre detenuto parte del potere economico e politico, quindi privarli di tale controllo porterebbe il Paese sul cammino della democrazia, mettendo fine al regime dei golpisti. Inoltre, ridarebbe fiato all’economia che sta vivendo una crisi senza precedenti e aprirebbe la strada per avviare riforme fondamentali per il Paese. Per questo motivo Gibril Ibrahim, ministro delle Finanze, si è espresso così: “Se le cose vanno come vuole Burhan le conseguenze saranno sconosciute”.
Per comprendere al meglio tali vicissitudini, bisogna analizzare quella che è la storia recente del Sudan a partire dal 19 dicembre 2018. Le proteste contro il presidente Omar al-Bashir, a causa del caro vita e della crisi economica, esplodono in un colpo di Stato l’11 aprile 2019 dove l’esercito sudanese destituisce il Governo Nazionale arrestando Omar al-Bashir, ed il suo ruolo viene ricoperto dal generale Ahmed Awad Ibn Auf che si dichiarò de facto Capo di Stato di un governo militare di transizione. Ma la sera seguente, Auf si dimise affidando il ruolo ad Abdel-Fattah Al-Burhan, che nel suo primo discorso annunciò come suo vice Hemedti e promise al popolo una transizione democratica verso un governo civile.
Le promesse di Al-Burhan non trovano però realizzazione, ragion per cui, a partire dal 17 novembre 2021, il governo fantoccio rappresentato dal primo ministro Abdalla Hamdok, spinge per un pieno governo civile sottolineando, però, l’impossibilità di continuare la transizione democratica sotto un regime militare. Allora il 25 ottobre 2021, con un secondo colpo di Stato, ritenuto da Hemedti un grave errore, Al-Burhan prende il pieno potere arrestando Hamdok, deponendo il governo fantoccio ed arresta definitivamente il processo di transizione democratica.
Ad oggi, il malcontento generale continua a crescere sempre più e nonostante gli appelli della Comunità Internazionale a placare le tensioni, una guerra civile che distruggerebbe definitivamente l’assetto geopolitico del Sudan, è ormai alle porte.
